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persecuzioni passate si contrappone un'ulteriore presunzione secondo la quale la
prognosi non può di regola che essere negativa se tra la persecuzione passata e
l'espatrio sono trascorsi da 6 a 12 mesi. In casu non è necessario determinarsi su quale
delle due varianti sia da preferire, da un lato perché la differenza appare di fatto
marginale, e dall'altro lato perché nel caso concreto, per i motivi che vedremo di
seguito, la ricorrente ha comunque fondato timore d'esposizione a persecuzioni future
sulla base dei seri pregiudizi subiti in patria anteriormente all'espatrio.
8. a) Temere a giusto titolo una persecuzione comprende un elemento soggettivo ed un
elemento oggettivo: è rifugiato colui che teme (soggettivamente) una persecuzione; questo
timore deve essere oggettivamente fondato, ovvero deve apparire giustificato in rapporto
con la situazione reale. Il solo fatto che il richiedente sia preoccupato non è
sufficiente per ammettere un timore fondato. Occorre che degli indizi facciano apparire il
timore oggettivamente fondato. Indizi in tal senso possono essere considerati, per
esempio, i precedenti dei familiari del richiedente d'asilo, la sua appartenenza ad un
specifico gruppo sociale o politico oppure determinati dalla sua razza, dalla sua
religione o dalla sua nazionalità, o ancora dipendere dalle sue esperienze personali,
dalla persecuzione già subita - che non è in sé determinante in materia d'asilo -, da
una grande vulnerabilità personale (ad esempio per le donne), dai pregiudizi seri
inflitti a persone appartenenti alla medesima organizzazione. Questi indizi sono
determinanti solo quando indicano che la minaccia di persecuzione è reale (GICRA 1993 n.
21, pag. 135).
b) Nella fattispecie, non si può che constatare che la ricorrente ha reso verosimile i
fatti esposti a sostegno della sua domanda d'asilo. Essa ha comprovato con documento
considerato autentico dalla persona di fiducia della rappresentanza svizzera a Teheran,
ovvero con un'attestazione del tribunale rivoluzionario del (...), di essere stata
arrestata il (...) 1981, di essere stata condannata a vent'anni di reclusione, e quindi
liberata condizionalmente il (...) 1983. La ricorrente è credibile quando afferma che il
processo cui è stata sottoposta deve definirsi iniquo, ovvero non rispettoso dei più
elementari diritti della difesa e originato da considerazioni meramente politiche. Durante
il periodo di carcerazione di ventotto mesi, l'interessata è stata maltrattata
fisicamente e psichicamente. Benché liberata, all'insorgente sono state poste delle
condizioni relativamente gravose, e limitative della libertà personale, quali l'obbligo a
presentarsi a controlli regolari e l'interdizione all'espatrio |