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Estratto della sentenza della CRA del 27 gennaio 2003 nella causa E. H., Albania

Art. 12 e 19 PA, 49 PC e 29 cpv. 1 Cost.: registrazione su nastro quale prova documentale; l'esame "lingua" in quanto informazione di terzi (art. 12 lett. c PA); contenuto necessario della relazione riassuntiva dell'esame quale garanzia di un equo processo.

1. La prova documentale comprende non solo gli scritti, ma anche altre riproduzioni che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia (registrazioni su nastro) o qualsiasi altro mezzo, come ad esempio un file informatico (consid. 6).

2. L'esame "lingua", in quanto semplice consulenza tecnica e non perizia, va ricompreso nel mezzo di prova dell'informazione previsto all'art. 12 lett. c PA. Pertanto, la sua valutazione soggiace illimitatamente al libero apprezzamento della prova e non vincola il giudizio dell'autorità (consid. 7).

3. La relazione riassuntiva deve comprendere, alfine di garantire il rispetto del principio dell'equo processo (art. 29 cpv. 1 Cost.), le domande poste dal consulente e la sostanza delle risposte ottenute dal richiedente l'asilo, nonché l'indicazione precisa di ogni ulteriore elemento probatorio acquisito alle carte processuali per fondare il suo apprezzamento (consid. 9).

Art. 12 und 19 VwVG, Art. 49 BZP und Art. 29 Abs. 1 BV: Tonbandaufzeichnung als Urkunde; LINGUA-Analyse als Auskunft von Drittpersonen (Art. 12 Bst. c VwVG); Mindestanforderungen an den Inhalt des zusammenfassenden Berichts unter dem Aspekt der Fairness des Verfahrens.

1. Der Urkundenbeweis umfasst nicht bloss Schriftstücke, sondern auch andere Reproduktionen, welche Tatsachen, Personen oder Sachen darstellen, sei es mittels Fotografie, Film, Tonträgern oder mit anderen Mitteln, wie beispielsweise elektronische Dateien (Erw. 6).

2. Die LINGUA-Analyse, welche bloss eine technische Auskunft und kein Gutachten darstellt, ist in der Beweismittelkategorie der Auskunft gemäss Art. 12 Bst. c VwVG enthalten. Sie unterliegt daher ohne Ein-


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schränkung der freien Beweiswürdigung und bindet die urteilende Behörde nicht (Erw. 7).

3. Um dem nach Art. 29 Abs. 1 BV garantierten Grundsatz des fairen Prozesses zu genügen, muss der Analysebericht in zusammenfassender Weise die von der Fachperson dem Probanden gestellten Fragen und den wesentlichen Inhalt der darauf erhaltenen Antworten wiedergeben sowie die weiteren in den Akten enthaltenen Beweiselemente nennen, auf welche die Fachperson ihre Einschätzung stützt (Erw. 9).

Art. 12 et 19 PA, art. 49 PCF et art. 29 al. 1 Cst. : enregistrement sur bande magnétique comme preuve documentaire ; analyse Lingua définie en tant que renseignement de tiers (art. 12 let. c PA) ; exigence minimale quant au contenu du compte-rendu du spécialiste, au regard de la garantie du droit au procès équitable.

1. La preuve documentaire comprend non seulement les documents écrits, mais aussi les documents obtenus à partir de supports photographiques, cinématographiques ou magnétiques, ou à partir d'autres supports encore, comme par exemple les fichiers électroniques (consid. 6).

2. L'analyse Lingua, en tant que renseignements techniques, appartient à la catégorie des moyens de preuve prévus à l'art. 12 let. c PA. Elle est soumise au principe de la libre appréciation des preuves et ne lie donc pas les autorités de décision (consid. 7).

3. Pour satisfaire à la garantie d'un procès équitable, telle que prévue à l'art. 29 al. 1 Cst., le compte rendu transmis à la partie doit comprendre les questions posées par le spécialiste Lingua, le résumé des réponses données par le demandeur d'asile, ainsi que l'indication précise des autres éléments du dossier sur lesquels ce spécialiste a fondé son appréciation (consid. 9).

Riassunto dei fatti:

Il richiedente, minorenne non accompagnato, ha dichiarato, nella sostanza, di essere cittadino della Repubblica federale di Jugoslavia e d'essere fuggito dal suo Paese a causa della guerra.


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Nel mese di febbraio 1999, l’UFR ha ordinato una consulenza tecnica sulle conoscenze linguistiche e geografiche dell’interessato, alfine di determinare il Paese di provenienza dell’interessato medesimo. Il consulente ha concluso che il richiedente proviene con certezza dall’Albania. Sia l'interessato sia il suo curatore sono stati informati dell'esito della consulenza tecnica.

Nel mese di marzo 1999, l'UFR non è entrato nel merito di detta domanda d'asilo perché l'interessato ha ingannato le autorità sulla propria identità, in casu sulla sua cittadinanza.

La CRA ha respinto il ricorso e confermato la decisione dell'UFR.

Dai considerandi:

5. La CRA ha già avuto modo di pronunciare che un’analisi linguistica ad opera di specialisti mandatati dall’UFR, volta ad accertare l’origine di un richiedente l’asilo, non costituisce una perizia ai sensi di legge, ma laddove la procedura d’allestimento rispetta certe esigenze minime poste a tutela dell’attendibilità, oggettività ed imparzialità, può esserle conferito un accresciuto valore probatorio (GICRA 1998 n. 34). Peraltro, a un minorenne non accompagnato capace di discernimento, cui non è stato designato un tutore o curatore, e nella misura in cui non vi è da attendersi da parte delle autorità cantonali la pronunzia di provvedimenti tutelari entro un termine ragionevole, va garantita, già prima dell’audizione sui motivi d’asilo, una consulenza giuridica per la durata della procedura (GICRA 1998 n. 13). Inoltre, il benessere del fanciullo è un elemento di rilievo per l’esame dell’esigibilità dell’esecuzione dell’allontanamento (pure GICRA 1998 n. 13).

6. Le procedure negli affari amministrativi sono rette dal principio inquisitorio (art. 12 PA), il quale non esenta peraltro la parte dall’obbligo d’allegare i fatti rilevanti e, nella misura del possibile, dal documentarli, poiché il principio in questione implica esclusivamente che le autorità acclarino la fattispecie indipendentemente dalle allegazioni di parte, ma non sconfina in una soppressione pura e semplice dell’obbligo di collaborare della parte (art. 13 PA), obbligo particolarmente esteso in materia d’asilo (art. 8 LAsi), il procedimento essendo avviato dall’interessato con specifica richiesta (GICRA 1995 n. 23, pag. 222 consid. 5a). Il funzionamento del metodo acquisitivo nel processo amministrativo si fonda dunque sul presupposto comune al metodo dispositivo, essendo l’introduzione dei fatti opera esclusiva delle parti, con la differenza però che nel metodo acquisitivo all’onere dell’introduzione della parte consegue il dovere d’acquisizione d’ufficio dell’autorità giudicante, a condizione che la parte giunga perlomeno fino a un livello di convincimento sufficiente ad indurre l’autorità amministra-


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tiva, o il giudice, ad attivarsi (GICRA 1995 n. 23, pag. 222 consid. 5a). L’art. 12 PA elenca i mezzi di prova di cui, se necessario, si serve l’autorità giudicante per accertare d’ufficio i fatti. L’art. 19 PA postula inoltre l’applicazione analogica alla procedura probatoria di alcune disposizioni della legge di procedura civile federale (PC). È oggetto di controversia nella dottrina se l’elenco dei mezzi di prova abbia per l’autorità giudicante carattere tassativo od esemplificativo (a favore del carattere tassativo, l’interpretazione letterale del testo di legge e O. Vogel, Grundriss des Zivilprozessrechts, Berna 1992, pag. 244 n. 95a; a favore del carattere esemplificativo, F. Hohl, La réalisation du droit et les procédures rapides, Friburgo 1994, pag. 86 n. 281 e Merkli/Aeschlimann/Herzog, Kommentar zum Gesetz vom 23. Mai 1989 über die Verwaltungsrechtspflege des Kantons Bern, Berna 1997, pag. 167 n. 11, dove è proposto un parallelismo tra il testo di legge dell’art. 19 del codice di procedura amministrativa del Canton Berna e gli art. 12 e 19 PA dal tenore invero dissimile). Peraltro, il principio del libero convincimento non consente di ritenere legittimo l’ingresso in causa di qualsiasi mezzo di prova (cfr. Biavati/Carpi, Diritto processuale comunitario, Milano 1994, pag. 194). Di fatto, va comunque osservato che un’interpretazione conforme all’esigenza del tempo dell’art. 12 PA, dimostra, de facto, un’impossibilità ad individuare altri mezzi di prova diversi da quelli elencati nell’articolo di legge menzionato. Basti qui rammentare che la nozione di documenti comprende oggi non solo gli scritti, ma anche altre riproduzioni che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, per esempio documenti informatici (cfr. Merkli/Aeschlimann/Herzog, op. cit., ad art. 19, pag. 174 n. 30 ; M. Kummer, Grundriss des Zivilprozessrechts, Berna 1984, pag. 131). Si può altresì ancora differenziare fra prove come strumento d’acquisizione di fatti al processo da parte dell’autorità, e prove come fonti di convincimento. Le prime sono quelle enumerate dalla legge, di modo che non è possibile all’autorità giudicante di disporre mezzi di prova non previsti/ricompresi dalla legge (nella misura in cui ne esistano); le parti, però, possono apportare in causa su propria iniziativa, o su richiesta del giudice, ogni mezzo di prova che ritengano una fonte di convincimento. Questi mezzi di prova, in base al principio del libero convincimento, saranno poi oggetto di valutazione razionale da parte dell’autorità e/o del giudice (cfr. Kölz/Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., Zurigo 1998, pag. 100 n. 276 ; per la giurisdizione comunitaria, Biavati/Carpi, Diritto processuale comunitario, op. cit., pag. 195 e seg.). Eccezioni alla regola dell’acquisizione d’ufficio da parte dell’autorità amministrativa e/o del giudice dei soli mezzi di prova previsti dalla legge, sono comunque ipotizzabili in caso di "stato di necessità" nella raccolta delle prove ("Beweisnotstand") o di sussistenza d'altri motivi stringenti legati alle particolarità della fattispecie (in DTF 122 I 53, l’interesse superiore del fanciullo nelle procedure di cui all’art. 145 CC). In questo senso è da condividere l’assunto formulato da Habscheid (in Schweizerisches Zivilprozess- und 


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Gerichtsorganisationrecht, 2a ed., Basilea e Francoforte sul Meno 1990, pag. 401) sulla libertà d’assunzione di prove ("Freibeweis").

7. L’analisi scientifica sul luogo di provenienza di un richiedente l’asilo, che non è una perizia (GICRA 1998 n. 34), può definirsi una consulenza tecnica di parte. I consulenti hanno la facoltà d’esporre all’autorità il proprio parere su singole questioni, attraverso la presentazione di una relazione scritta. Tale consulenza può essere sussunta al mezzo di prova dell’informazione prevista dall’art. 12 lett. c PA (o art. 19 PA in relazione all’art. 49 PC; cfr. DTF 123 V 331). A differenza della perizia, dal cui risultato il giudice può, secondo costante prassi, discostarsi solo per motivi stringenti (DTF 123 V 331; GICRA 1996 n. 16), la consulenza tecnica soggiace illimitatamente al libero apprezzamento della prova, e non vincola il giudizio dell’autorità e del giudice, i quali, nell’ordinare un’indagine tecnica inerente a qualsiasi problema che la causa pone, non abdicano alle proprie sovrane prerogative. In altri termini, nel caso in cui sussista un ragionevole dubbio in merito all’attendibilità e concludenza della consulenza, vanno esperite indagini complementari (DTF 122 V 157 pag. 162 e seg.).

8. Visto quanto precede, le registrazioni delle conversazioni telefoniche tra il consulente tecnico e il richiedente l’asilo possono essere ricomprese nei mezzi di prova conformemente all’art. 12 PA (cfr. pure M. Guldener, Schweizerisches Zivilprozessrecht, Zurigo 1979, pag. 322; contra, fra gli altri, W. Habscheid, Schweizerisches Zivilprozess- und Gerichtsorganisationsrecht, 2a ed., Basilea e Francoforte sul Meno 1990, pag. 402).

9. L’esigenza di una corretta valutazione degli elementi probatori acquisiti dal consulente tecnico, nell’ambito dell’esame "lingua" (in particolare la registrazione delle domande poste al richiedente e delle risposte ricevute), consente, di regola, l’utilizzabilità di una documentazione che si risolva in una relazione riassuntiva dei risultati acquisiti, e non in una trascrizione completa degli stessi, solo allorquando tale relazione riassuntiva riporti il contenuto essenziale dell'esame lingua medesimo (cfr. anche art. 28 PA), contenuto essenziale che va poi di principio trasmesso invariato al richiedente stesso da parte dell'UFR. Altrimenti, verrebbe meno la possibilità effettiva di una verifica della compatibilità dell'esame effettuato dal consulente tecnico con i principi basilari dell’ordinamento giuridico, segnatamente dal profilo dell’art. 29 Cost., e rimarrebbe sostanzialmente preclusa la giusta valutazione degli elementi probatori acquisiti, dal momento che essi sarebbero trasmessi alla parte ed al giudice attraverso il filtro di un riferimento riassuntivo incompleto o troppo generico. Occorre, pertanto, che la relazione riassuntiva comprenda le domande poste dal consulente "lingua" al richiedente l'asilo e la sostanza delle risposte date dal richiedente stesso, quelle favorevoli come quelle contrarie all'evocata provenienza, nonché l’indicazione precisa di ogni ulteriore elemento acquisito alle


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carte processuali come mezzo, quale premessa necessaria alla conclusione cui perviene il consulente tecnico. Tali elementi devono poi essere trasmessi dall'UFR al richiedente l'asilo. Ogni altra soluzione renderebbe il possibile controllo dell’autorità amministrativa dapprima, e del giudice poi, sull’operato del consulente tecnico del tutto aleatorio e sconfinerebbe in una violazione del principio dell’equo processo derivante dall’art. 29 cpv. 1 Cost.. Risulterebbe, infatti, arduo, se non impossibile, un corretto esercizio del diritto di difesa da parte dell’insorgente, non essendo egli posto nelle condizioni di ricorrere con criteri adeguati (cfr. GICRA 1995 n. 12, pag. 115 consid. 12c).

10. Nel caso concreto, la relazione riassuntiva del consulente, benché non comprenda esplicitamente l'integralità delle domande da lui poste al richiedente l'asilo, appare comunque relativamente dettagliata. Non altrettanto può dirsi della generica sintesi della relazione riassuntiva fatta dall'UFR all'indirizzo del ricorrente nel suo scritto del 5 marzo 1999. Tuttavia, l'UFR ha sentito il curatore del ricorrente, anche se formalmente non ancora nominato in quanto tale, sullo svolgimento dell'esame "lingua" prima d'emanare il giudizio impugnato, senza che quest'ultimo abbia presentato obiezioni formali in merito all'esame stesso. Certo, successivamente il ricorrente ha prodotto tre documenti presentati come atti di nascita, suo e del padre, nonché atto di famiglia. Negli stessi è menzionata, come cittadinanza dei titolari, quella della Repubblica federale di Jugoslavia. Sennonché, l'atto di nascita e di famiglia concernenti il ricorrente sono stati giudicati, dopo esame interno, siccome delle falsificazioni da parte dell'UFR, valutazione che il ricorrente non ha saputo né invalidare né relativizzare. Quanto al certificato di nascita del padre, sul quale è apposta una fotografia su cui figura una persona in divisa militare con berretto dell'UCK, giova rilevare che di regola gli atti di nascita non comportano fotografie. Inoltre, non è possibile che le autorità della Repubblica federale di Jugoslavia abbiano rilasciato, nel luglio 1998, un siffatto documento a persona che militava nelle forze indipendentiste albanesi, considerate nemiche del Paese. Ad ogni buon conto, la CRA rileva che i tre documenti precedentemente menzionati, e prodotti dal ricorrente in sede ricorsuale, non sono comunque idonei a dimostrare la sua identità, non trattandosi né di passaporti, o documenti sostitutivi, né di documenti ufficiali con fotografia (art. 1 lett. b e c OAsi 1), almeno per quanto attiene a quelli concernenti l'insorgente, mentre per quanto riguarda l'atto di nascita del padre, dagli atti di causa non emergono elementi che permettano di rilevare che la fotografia apposta su tale documento rappresenti proprio il padre del ricorrente. Peraltro, in un documento trasmesso alla CRA dall'autorità cantonale, risulta che il ricorrente ha sottoscritto, unitamente al suo curatore, un contratto di tirocinio, presso l'azienda del signor P. G., indicando come suo Stato l'Albania. Da quanto esposto, e ritenuto che nonostante il tempo trascorso dall'inoltro della sua domanda d'asilo il ricorrente non ha presentato, ciò che avrebbe potuto e dovuto fare usando della necessaria diligenza, documenti idonei a dimostrare la cittadinanza della Repub-


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blica federale di Jugoslavia indicata in procedura d'asilo (nonostante che non potesse sfuggirgli l'essenzialità di una siffatta produzione), non vi è ragione di dubitare dell'esito cui è giunto il consulente "lingua". Per quanto emerge dalle carte processuali, il ricorrente ha pertanto ingannato l'autorità sulla sua identità ai sensi dell'art. 32 cpv. 2 lett. b LAsi, di modo che il ricorso contro la decisione di non entrata nel merito della sua domanda d'asilo non merita tutela e va respinto. Nella misura in cui i documenti prodotti in sede ricorsuale devono considerarsi delle falsificazioni, gli stessi sono confiscati ai sensi dell'art. 10 cpv. 4 LAsi.

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