1996 / 42 - 366

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nonché una tessera d'identificazione ed un'attestazione di detenzione nel campo di Rodoc dell'8 aprile 1994 rilasciate a suo nome dal CICR.

Il 3 agosto 1995, UFR ha respinto la succitata domanda d'asilo perché basata su motivi non rilevanti per la concessione dell'asilo in Svizzera. Detto Ufficio ha considerato che situazioni personali di svantaggio causate da avvenimenti bellici non possono essere considerate come rifiuto di protezione da parte dello Stato, poiché in simili situazioni lo Stato non è in grado di esercitare la sua funzione protettiva. Inoltre, e per costante prassi delle autorità svizzere, il riconoscimento della qualità di rifugiato presuppone uno stretto contesto causale, sia dal punto di vista temporale che oggettivo, tra persecuzione e fuga. L'UFR ha considerato la detenzione dal 30 giugno 1993 fino al 19 marzo 1994 troppo lontana nel tempo per poter essere considerata il motivo della partenza dal suo Paese intervenuta nel mese di gennaio del 1995. Inoltre, il timore di poter essere sottoposto in futuro a misure persecutorie da parte dello Stato è infondato, dal momento che dopo la sua liberazione si è stabilito nella zona di Mostar sotto controllo musulmano senza essere esposto a problema di sorta. L'UFR ha pronunciato l'allontanamento del richiedente dalla Svizzera, ma contemporaneamente la sua ammissione provvisoria in ragione dell'inesigibilità del rimpatrio giusta il decreto del Consiglio federale del 21 aprile 1993 (ammissione provvisoria collettiva ai sensi dell'art. 14a cpv. 5 LDDS).

Il 4 settembre 1995, l'interessato ha inoltrato ricorso dinanzi alla CRA contro la succitata decisione dell'UFR nel quale ha chiesto l'annullamento del giudizio litigioso, il riconoscimento della qualità di rifugiato e la concessione dell'asilo in Svizzera. Il ricorrente si è doluto di un accertamento inesatto ed incompleto dei fatti giuridicamente rilevanti. Ha fatto valere che la decisione impugnata è basata su incomprensioni e che l'UFR non ha tenuto conto della sua situazione personale. Ha sostenuto di avere temuto, durante la lunga prigionia nel campo di Rodoc, di poter essere giustiziato in ogni momento (eventualità terrorizzante) e di essere stato trattato ripetutamente in modo degradante e disumano nonché brutalmente torturato dai soldati dell'HVO. Il suo stato psichico era "veramente sul punto di rottura". Ha affermato di avere personalmente assistito all'uccisione di compagni di prigionia, ed in un'occasione i proiettili destinati ad una vittima hanno sfiorato la sua testa. A suo giudizio è completamente errato sostenere che non vi è nesso causale tra i seri pregiudizi subiti e la partenza dal suo Paese. Difatti, dopo la liberazione dal campo di detenzione di Rodoc, il suo stato di salute era precario e ha persino dovuto sottoporsi, fino al mese di dicembre 1994, ad una cura psichiatrica per una nevrosi ansio-depressiva prolungata-reattiva (ha esibito copia di